Un generale reclutato da Dio
Sabato 16 novembre 2024 alle ore 18:00 nella Sala della Tradizione dell'Ordinariato militare polacco si è tenuta la Conferenza dedicata ad uno straordinario Italiano dei nostri tempi, sconosciuto ancora ai più in Polonia, Gianfranco Maria Chiti (1921-2004).
Granatiere, ufficiale dell'esercito del Regno d'Italia, della Repubblica di Salò e della Repubblica Italiana, sacerdote dei frati minori cappuccini, dichiarato nel 2024 Venerabile Servo di Dio della Chiesa Cattolica. La conferenza è un'occasione importante anche per correggere alcuni stereotipi che molto a lungo hanno creato divisioni e fatto alzare muri nel XX secolo e per soffermarci a riflettere sull'insegnamento di padre Chiti sul senso profondo del servizio alla Patria e a Dio.
Ad introdurci nella serata il colonnello dell'esercito polacco dr Jacek Macyszyn, custode della Sala delle Tradizioni e il portavoce della Dante di Varsavia, Karol Paolicelli dell'Accademia dell'Arte della Guerra dell'Esercito Polacco.
Il Gruppo Storico Regio Esercito di Varsavia ha aperto il pannello dedicato alla storia dell'Italia militare a cavallo delle due guerre mondiali e ha presentato l'Arma dei Granatieri di Sardegna, tracciandone il profilo storico e il percorso di combattimento legato alle campagne dell'Europa Orientale. Grazie a questa accurata esposizione i convenuti hanno ricevuto gli strumenti necessari ad un approccio consapevole alla figura storica di Gianfranco Chiti che è stata tracciata con doviziosità di particolari dalla dr.ssa Sylvia Mazurek. Ha concluso i lavori il Presidente della Dante dr Carlo Paolicelli, che facendo riferimento alle lettere dell'allora ufficiale Gianfranco Chiti dalla prigionia nei campi di concentramento di Laterina, ha parlato dell'attualità del suo insegnamento ai nostri giorni facendo appello al folto gruppo di giovani cadetti della compagnia nr 1863 dei artiglieri volontari dedicata a Francesco Nullo di riscoprire il valore del servizio militare come servizio alla pace, all'unità nazionale alla protezione della vita umana. Momento culminante della serata è stato il video messaggio del Presidente dell'Associazione Allievi di Padre Chiti Angelo Polizzotto che portando il proprio saluto ai partecipanti alla conferenza ha sottolineato come "figure come quella di Padre Chiti possono dare la giusta direzione da seguire per vivere in un mondo di tranquillità, pace, altruismo, fraternità - tutti valori che Padre Chiti ci ha lasciato in eredità e che noi ex allievi vogliamo che diventino preziosi in ogni angolo della terra".
Il saluto di Angelo Polizzotto, Presidente dell'Associazione
"Allievi di Padre Chiti"
Il Saluto della Dante di Varsavia
Cari Amici,
A nome della Società Dante Alighieri - Comitato di Varsavia desidero ringraziarvi per aver accettato il nostro invito e per essere con noi in questa sera di novembre. Un ringraziamento particolare va al nostro caro amico, il colonnello dott. Jacek Maczyszyn, curatore del Museo dell'Ordinariato Militare polacco, per la sua ospitalità. Ringrazio anche la dott.ssa Sylwia Mazurek per la sua presenza oggi – è grazie a lei che abbiamo avuto modo di conoscere la figura del generale, venerabile padre Gianfranco Maria Chiti, che oggi desideriamo farvi conoscere meglio. Ringrazio anche il Gruppo di Rievocazione Storica Regio Esercito e l'Unità degli Artiglieri Volontari nr 1863 "Francesco Nullo" per la loro presenza.
Sulla facciata del Palazzo della Civiltà Italiana nel quartiere EUR di Roma è scritto: "Nazione di eroi, santi, poeti, artisti, marinai, colonizzatori, emigranti". Queste sono le parole pronunciate da Benito Mussolini nel 1935 durante un discorso in cui cercava di difendere la dignità del popolo italiano di fronte alle tensioni che portarono allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Oggi desideriamo richiamare una parte di questa storia, incarnata dal generale di brigata Gianfranco Chiti – soldato, ufficiale, comandante, e negli ultimi anni della sua vita sacerdote cappuccino. La sua vita ha travalicato la dimensione terrena come Servo di Dio, riconosciuto venerabile a partire dal gennaio 2024. Tornò alla casa del Padre vent'anni fa in fama di santità e la sua epica storia attendere ncora che siano scritti gli ultimi capitoli – la sua beatificazione e canonizzazione.
La Società Dante Alighieri di Varsavia vi propone un'esperienza autentica della cultura italiana, superando gli stereotipi che dal 1945 hanno diviso gli Italiani e creato visioni distorte della prima metà del XX secolo. Cerchiamo di leggere la storia, senza evitare temi difficili, come le dittature del periodo della grande guerra o l'aperta adesione alla fede cristiana – alla "fanteria di Cristo", come diceva Padre Chiti.
In questo viaggio ci accompagneranno i nostri illustri relatori: gli amici del Regio Esercito, che ci introdurranno nel contesto storico e la dott.ssa Sylwia Mazurek, che ci parlerà della biografia e del messaggio di padre Chiti. La conferenza sarà conclusa dal Presidente del Comitato della Società Dante Alighieri, Carlo Paolicelli. Durante la serata saranno proiettate immagini di padre Chiti, che ci accompagneranno per tutto l'incontro.
Vi ringrazio per la vostra attenzione e vi auguro un ispirante inontro.
Karol Paolicelli
Karol Paolicelli - Foto B. Sobczyński
Regio Esercito - Foto JS 1863 F. Nullo
dr Sylwia Mazurek
Foto JS 1863 F. Nullo
Il Presidente della Dante di Varsavia
Carlo Paolicelli
Gianfranco Maria Chiti – un soldato al servizio di Dio e del prossimo
di Sylwia Mazurek
Dai fronti della Seconda Guerra Mondiale alla carriera militare e poi al convento francescano: la vita del Servo di Dio Gianfranco Maria Chiti sorprende e dimostra che si può servire Dio e il prossimo in ogni circostanza. Nel 20° anniversario della sua morte, vale la pena conoscere la sua storia.
Giovinezza al fronte
Gianfranco Chiti nacque nel 1921 a Ginese, nei pressi di Novara, ma crebbe a Pesaro, dove il padre insegnava violino presso il conservatorio musicale. Fin da giovane si sentì chiamato a due cose che segnarono tutta la sua vita: un profondo impegno religioso e il servizio militare. Da ragazzo iniziò la sua formazione spirituale tra i francescani e si impegnò nell’attività della Società di San Vincenzo de’ Paoli. A 15 anni entrò nella scuola superiore militare di Milano, completando poi la Scuola Militare di Roma e l’Accademia Militare di Modena.
Quando uscì dall’Accademia, era già in corso la Seconda Guerra Mondiale. A 21 anni, con il grado di sottotenente, fu nominato comandante di un reggimento della divisione Granatieri di Sardegna e inviato al fronte sloveno-croato. Nonostante la giovane età, si guadagnò rapidamente il rispetto dei subordinati e dei superiori grazie alla sua innata carisma, al coraggio e alla disponibilità. Era noto anche per la sua profonda religiosità: portava sempre con sé una statua della Madonna e organizzava spazi per recitare il Rosario ovunque si trovasse con il suo reparto.
Poco dopo, iniziò uno dei periodi più difficili della sua carriera militare. Nel giugno 1942, con il grado di tenente, fu inviato al fronte orientale, dove comandava una compagnia in un battaglione anticarro. Inizialmente, la situazione era favorevole alle forze dell’Asse, ma in autunno cambiò radicalmente con la controffensiva russa. Il 16 dicembre, la sua batteria anticarro fu attaccata da forze russe molto superiori. Gianfranco Chiti si distinse per il coraggio e la determinazione, prima nella difesa e poi nel guidare la ritirata del suo reparto, un’azione che gli valse la medaglia di bronzo al valor militare italiana e la Croce di Ferro della Wehrmacht.
La ritirata delle forze italiane fu una prova durissima: un lungo cammino attraverso terre innevate. Chiti, sfinito e sofferente per il congelamento, trovò la forza di sostenere i suoi soldati, sia moralmente che fisicamente, aiutando i più deboli a proseguire. In quei momenti, vedeva nei suoi compagni di sofferenza il Cristo che pativa non per colpe proprie, ma per i peccati dell’umanità.
La svolta nella carriera e nella vita
La situazione dell’Italia peggiorò ulteriormente nei mesi successivi. Nel luglio 1943, cadde il regime fascista e il nuovo governo firmò l’armistizio con gli Alleati, provocando la reazione tedesca e l’occupazione di Roma. In questo contesto di caos, Chiti decise di unirsi all’esercito della Repubblica Sociale Italiana, fondata nel nord dai tedeschi e governata da Mussolini. Pur non condividendo l’ideologia fascista, vedeva in questa scelta una forma di patriottismo, opponendosi alla resa del sud.
Chiti fu assegnato a un’unità di granatieri impegnata nella lotta contro i partigiani. Tuttavia, le sue modalità di comando si distinguevano: evitava il terrore e la violenza ingiustificata, privilegiando il dialogo e gli scambi di prigionieri. Salvò la vita a circa 200 partigiani e ebrei, integrandoli nei suoi reparti e garantendo loro sicurezza. Questo approccio umanitario si accompagnava a un’indomita audacia sul campo.
Il ritorno alla vita militare e il passaggio alla vita religiosa
Dopo la guerra, Chiti fu imprigionato e trasferito in diversi campi di concentramento. Un tribunale militare lo assolse completamente, riconoscendo che le sue azioni erano guidate solo dall’intento di difendere la patria. Tornò quindi al servizio militare e nel 1948 entrò di nuovo nei Granatieri di Sardegna, con il grado di capitano. Nel 1949, su incarico dell’ONU, fu inviato in Somalia come consigliere delle forze armate locali e al suo ritorno in Italia si dedicò alla formazione dei sottufficiali.
Nel 1978, congedato con il grado di generale di brigata, realizzò un sogno di lunga data entrando nel convento dei cappuccini a Rieti. Nel 1982 fu ordinato sacerdote e si dedicò alla cura spirituale dei giovani novizi e dei suoi vecchi compagni d’armi. Si impegnò anche nel restauro del convento di San Crispino a Orvieto, trasformandolo in un luogo di preghiera e centro di ritiri spirituali.
Un modello di santità
Padre Gianfranco Chiti morì il 20 novembre 2004, a seguito di un incidente stradale. Il suo impegno a servire Dio e il prossimo è stato riconosciuto dalla Chiesa locale: il processo di beatificazione iniziato nel 2015 ha compiuto un passo significativo nel 2024 con la proclamazione delle sue virtù eroiche. Potrebbe presto essere proclamato beato, offrendo un esempio luminoso di fede, coraggio e dedizione.
Sylwia Mazurek
Traduzione in lingua italiana dell'originale in lingua polacca pubblicato sul portale "Polonia Christiana"il 20 novembre 2024 r.
Gianfranco Maria Chiti – żołnierz w służbie Bogu i bliźnim - PCH24.pl
Un lettera del giovane ufficiale Gianfranco Chiti al Padre Fei
- dal campo di concentramento di Laterina
Laterina, 29 ottobre 1945
A Colui che non cambia e non tradisce,
e che espia le colpe altrui,
questa ultima prova
era destinata.
Mio Carissimo,
sempre presente nel mio cuore, ispiratore e consolatore con le tue parole che continuo a rileggere. Eccomi, dopo un lungo silenzio, a scriverti di nuovo. Rileggo le tue lettere più e più volte, e devo confessarti che mi commuovono a tal punto da dover spesso interrompere la lettura, perché le lacrime mi velano la vista. Queste lacrime mi portano sollievo, purificando e lavando sempre più a fondo l’intimità della mia anima.
Le tue lettere mi sono arrivate quando erano ancora con me: Fiumi, Bernardi, Casalboni, Bezzeccheri, Nasi e altri. La mia gioia era indescrivibile. Raccoglievo intorno a me i nostri cari compagni e cominciavamo a leggerle insieme. Spesso dovevo interrompere a causa dell’emozione che provavo.
Tutti i nostri cari soldati ora se ne sono andati. Ci siamo separati con profondo dolore. Adesso sono solo nel campo d’internamento di Laterina (Arezzo). Anche il signor A. Tilio è partito, seguendo la strada del signor Sisto.
Materialmente le nostre condizioni di vita sono molto migliorate. Viviamo in baracche di mattoni, con paglia per dormire e luce elettrica. Dei 32.000 prigionieri di Coltano, sono rimasti circa 2.000, che si dice siano "criminali". Il viaggio da Coltano a Laterina lo abbiamo fatto su camion scortati dai carabinieri. All’inizio del viaggio ci ha accolti un violento temporale, poi è uscito il sole e così siamo passati per Pistoia, Firenze, Figline, Montevarchi e altre località.
Non riesco a descrivere nel dettaglio il comportamento delle persone nei nostri confronti, perché non basterebbero dieci pagine. Posso solo dire che i gridi di odio, la ferocia e le maledizioni rivolte a noi ci hanno ferito profondamente. Non per paura personale, ma perché non potevamo credere che questo popolo, che tanto abbiamo amato e per cui abbiamo fatto tanto, fosse in queste condizioni. Gridavano: “Criminali! Assassini! Maiali da macellare!” Incitavano i carabinieri a ucciderci, ci rivolgevano gesti e parole oscene, soprattutto le donne.
In quei momenti desideravo essere internato. “Libero”, come dici tu, avrei sofferto troppo. Qui, ti assicuro, non ci sono "criminali"; se c’erano, hanno già trovato il modo di uscire "in libertà". Qui siamo i "migliori".
Caro amico mio, sono sereno come non mai. Sapere che i miei Granatieri sono finalmente tornati alle loro case mi ha liberato dal dolore che mi tormentava nei mesi passati, quando vedevo la loro sofferenza, sia fisica che morale.
Temevo che il loro spirito non reggesse alla prova, mentre io, che dovevo sostenerli, li osservavo, li consolavo nella disperazione, cercavo di incoraggiarli a confidare nella volontà di Dio e a offrire a Lui ogni dolore, morale e fisico.
La gente ci odia, e noi diciamo: “Perdona loro, Signore, perché non sanno quello che fanno”. La gente ci perseguita, e noi sappiamo: “Beati voi quando vi insulteranno e vi perseguiteranno...”. Sappiamo di essere qui solo perché abbiamo sempre mantenuto la parola data a Dio e agli uomini.
Aspettiamo serenamente, mio caro Fei, perché sappiamo che “beati coloro che sono perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli”.
Gesù Santissimo è qui, tra noi, internato con noi. Ogni mattina lo adoriamo, ogni mattina Egli, Re dei Re, viene nelle nostre anime, come Consolatore e Datore di forza e di vita. Cosa significa, allora, che gli altri ci guardano solo con odio? Che importa a noi, che ogni giorno riceviamo la visita e la compagnia del Beato Gesù?
Per questo, Fei, sono felice. Aspetto con calma gli eventi umani che mi riguardano, perché so che sono una espiazione della volontà del Beato Signore! A Lui mi affido, in Lui trovo il mio Avvocato! Lui è il mio consigliere, il mio amico che mi sostiene in modo speciale proprio ora.
Sento quanto bene mi abbiano fatto questi mesi di sofferenza materiale! Ho imparato a conoscere meglio gli uomini e ad avvicinarmi di più al Signore. Sento dentro di me una nuova fiamma e una passione accesa dal Beato Gesù, e più l’umanità mi ferisce e mi disprezza, più la compiango, più la amo e sento il bisogno di lavorare per essa, così cieca e persa sulla via del male.
Ricordo sempre il tempo passato, e tu sei sempre presente nel mio cuore. Ogni mattina, durante la Messa, ripenso a quando eravamo insieme ad adorare il Signore; durante il giorno, pensando di avere un amico come te, sento una forza e mi sembra di essere più felice degli altri.
Poi mi sveglio e so che bisogna pensare e... Andare avanti, avanti, avanti: nessuna pace.
Amore, fede, in lotta contro il destino. Una dura battaglia: ma i cuori sono più vicini nel dolore che nella gioia... e so che non bisogna aspettarsi una vita facile e serena, ma che ognuno di noi deve essere forte; andare avanti, soffrire, cadere, rialzarsi e alimentare in sé il senso semplice e grande della vita.
E io vado con fede in Dio, con fiducia nella Santissima Vergine, con amore e fede, incontro al destino, pronto a combattere, sempre con i vostri volti nel cuore, miei cari amici. Voglio essere forte e andare avanti con rettitudine: pronto a soffrire, sempre con l’immagine di Gesù Santissimo che suda sangue nel giardino del Getsemani, pronto a cadere come Lui nel cammino verso il Calvario, pronto a rialzarmi con il Suo forte aiuto.
Scrivimi spesso e a lungo. La mia situazione non è ancora chiara. Aspettiamo di sapere perché siamo stati trattenuti. Ti farò sapere appena ci saranno novità. Non preoccuparti per me. Per ora va bene aspettare e capire. Mi sarebbero utili testimonianze da Mondovì (il vescovo e alcuni partigiani), che potresti procurarmi in qualche modo.
Aspetto la tua lettera al più presto. Non essere triste per me, non ce n’è motivo. Credo che dalle mie parole tu abbia capito quanto io sia sereno. Prega per me.
Inizia la settimana dei nostri Defunti. Ogni sera recito il Rosario per le loro anime beate e perché il loro sacrificio non sia vano.
Saluta tutti quelli che mi conoscono e con cui sei in contatto. Ricordami durante la Santa Messa.
Ti abbraccio affettuosamente, chiedendo la Santa Benedizione.
Tuo devoto,
Chiti